per chitarra e archi, ispirato al romanzo Il coraggio del pettirosso di Maurizio Maggiani.
a Giancarlo Dellacasa
La suggestione letteraria non proviene, come può sembrare a prima vista, dall’omonima poesia di Ungaretti: si tratta infatti di una citazione nella citazione, con riferimento al romanzo Il coraggio del pettirosso di Maurizio Maggiani, ambientato ad Alessandria d’Egitto, nel quale il protagonista traccia un resoconto, sospeso tra sogno e realtà, della sua vita di italiano emigrato nella città africana dove nacque Ungaretti.
Egli è ricoverato in ospedale, essendo stato vittima di un embolo, causato da un’immersione in una baia dove la leggenda vuole che sia celato l’antico porto sepolto di Alessandria.
Le sue immersioni in apnea erano state frequenti e andavano oltre l’interesse archeologico: nell’acqua profonda si abbandonava al fresco ventre materno del mare, fino a perdere il desiderio di risalire in superficie.
Porto sepolto vuole essere un’immersione, una ricerca di pacificazione, che trova nel tessuto musicale uno specchio, facilmente identificabile nel progressivo allentamento delle tensioni ritmiche, timbriche e armoniche.
Una forma a parabola discendente, dove la chitarra viene utilizzata in modo progressivamente sempre più classico e naturale: dapprima è in forte contrasto e alternanza con gli archi; poi viene sovrapposta ad essi nell’episodio centrale, ritmicamente più statico ma sempre teso sotto il profilo armonico e della tessitura; infine si compenetra con essi nel lungo pedale finale di MI, terso di diatonicità.
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