per flauto solo
Ognuno dei brani di questo trittico è costruito su un intervallo, la cui presenza appare predominante all’interno di una forma libera in stile improvvisatorio. Tali intervalli sono assunti e manipolati per estrarne una intrinseca (o presunta e, se si vuole, arbitraria) carica evocativa: in Lamenti è l’intervallo di terza minore a proporsi come micro-motivo caratteristico, rimandando all’inciso tematico delle litanie nel canto liturgico e a un sentire quasi “naturalistico” che lega questo intervallo appunto a un patimento ancestrale; l’unisono e le sue mutazioni in intervalli quartitonali e cromatici e nei loro rivolti a una o più ottave di distanza fungono da tavolozza sonora per dipingere in Richiami una situazione quasi silvestre, nella quale il flauto esplora a fondo le sue potenzialità timbriche, soprattutto in termini di estensione, e dove più che imitare i suoni della natura, si mimetizza in essi, allontanando il rischio di una stereotipata onomatopea; l’intervallo di quarta, nella sua giustezza e perfezione, sostiene il canto disteso dell’ultimo brano, un canto dionisiaco, proprio di questo strumento.
Richiami, lamenti, canti sono voci raccolte nell’aria e rimescolate, caricate di significati altri, rese fascinose e pregnanti, distolte dalla quotidianità per ritornare ad essa nell’incanto di chi si sofferma ad ascoltare un cantastorie.
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